L’ADIBIZIONE A MANSIONI SUPERIORI NEL COMPARTO REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI
Ai sensi del comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 il lavoratore può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore per obiettive esigenze di servizio:
- nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti;
- nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
Stante ciò è stato chiesto all’Aran se, con specifico riferimento al comparto Regioni ed Autonomie locali, in presenza di tutti i requisiti richiesti dall’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001 e dall’art. 8 del CCNL del14.9.2000, è necessario, comunque, anche il consenso del lavoratore interessato.
L’Agenzia – con l’orientamento applicativo RAL_1945 – ha chiarito che sulla base della disciplina del citato art. 52, l’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori sembra configurarsi come manifestazione di un potere esercitabile in via unilaterale del datore di lavoro pubblico per cui quest’ultimo avrebbe un vero e proprio diritto potestativo in materia di attribuzione di mansioni superiori, assoggettato solo alla sussistenza delle specifiche condizioni previste dalla norma e cioè:
- le obiettive esigenze di servizio;
- l’esigenza di copertura di una vacanza di posto in organico oppure quella di provvedere alla sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto.
Dal canto suo, l’art.3, comma 3, del CCNL del 31.3.1999, concernente il sistema di classificazione del personale del Comparto Regioni-Autonomie Locali, ha disposto che:
“L’assegnazione temporanea di mansioni proprie della categoria immediatamente superiore costituisce il solo atto lecito di esercizio del potere modificativo. Essa, fino a diversa disciplina contrattuale, è regolata dai commi 2-4 dell’art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993 come modificato dal D. Lgs. n. 80 del 1998” (per l’Aran il riferimento deve essere inteso all’attuale art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001).
Inoltre, l’art. 8 del CCNL del 14.9.2000, disciplina in modo specifico e dettagliato la materia delle mansioni superiori, senza disporre alcun ulteriore limite o vincolo al potere modificativo del datore di lavoro pubblico.
Ad ulteriore conferma dell’unilateralità del potere modificativo datoriale, l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle PP.AA. ha evidenziato che la regolamentazione dell’assegnazione a mansioni superiori del dipendente, di fonte sia legislativa che contrattuale, pure essendo articolata e particolareggiata, non richiede mai formalmente ed espressamente il preventivo consenso del dipendente stesso.
Tuttavia in materia occorre tener presente che, con riferimento al lavoro privato, la Corte di Cassazione, in presenza di particolari fattispecie, si è pronunciata nel senso dell’ammissibilità del rifiuto del lavoratore di espletare mansioni superiori a quelle della qualifica di inquadramento (ex multis: Cass. 12 febbraio 2008, n. 3304; Cass. 19 luglio 2013, n. 17713; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20222).