DIPENDENTE PUBBLICO ASSOLTO DALL’IMPUTAZIONE E RIMBORSO DELLE SPESE LEGALI

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20561/2018 ha affermato che al dipendente pubblico assolto dall’imputazione non compete il rimborso delle spese legali qualora il giudice penale abbia evidenziato che i fatti ascrittigli esulavano dalla funzione svolta.

La sentenza è relativa ad una richiesta di rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente di una ASL per un processo penale avviato a suo carico per i reati di truffa aggravata, falso in atto pubblico e sostituzione di persona commessi durante il servizio.

Nello specifico il procedimento penale in questione concerneva la timbratura del cartellino marcatempo di un altro dipendente, comportamento che per la Corte non può essere ritenuto un atto compiuto in adempimento di un dovere attinente al rapporto di servizio, né inerente al rapporto di ufficio,

Per quanto sopra gli Ermellini hanno ricordato (vedi Cass. n. 2366/2016) che l’Amministrazione è legittimata a contribuire alla difesa del suo dipendente imputato in un procedimento penale sempreché sussista un interesse specifico al riguardo e tale interesse è ravvisabile qualora sussista imputabilità dell’attività all’Amministrazione stessa e dunque una diretta connessione di tale attività con il fine pubblico.

“La connessione dei fatti con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali va intesa nel senso che tali atti e fatti siano riconducibili all’attività funzionale del dipendente stesso in un rapporto di stretta dipendenza con l’adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attività che necessariamente si ricollegano all’esercizio diligente della pubblica funzione, nonché occorre che vi sia un nesso di strumentalità tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto (Consiglio di Stato 26 febbraio 2013, n. 1190 e Consiglio di Stato 22 dicembre 1993, n. 1392)”.

Tuttavia, i suddetti requisiti dell’imputabilità dell’attività all’Amministrazione e della diretta connessione dell’attività stessa con il fine pubblico erano palesemente mancanti nel caso di specie in cui era stato contestato al dipendente il compimento di un’attività illecita.

Come evidenziato dalla Corte, siamo dinanzi ad un’ipotesi in cui sussiste, al contrario, l’interesse dell’Amministrazione a vedere sanzionate le eventuali attività abusive compiute dal soggetto svolgente un servizio alle sue dipendenze e la circostanza dell’assoluzione della ricorrente non ha alcuna rilevanza, così come non rileva la mancata costituzione di parte civile dell’Amministrazione nel giudizio penale o la mancata instaurazione di un procedimento disciplinare.

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